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Secondo i dati raccolti dal Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna, si contano 7 femicidi e 4 tentati femicidi in regione nel 2016

A distanza di una settimana dalla morte di Elisa Pavarani, uccisa dall’ex compagno a Parma, la violenza maschile sulle donne torna a mietere vittime in Emilia-Romagna. A Ravenna, Giulia Ballestri, 40 anni, è stata uccisa dal marito Matteo Cagnoni, che, dopo un tentativo di fuga, è stato arrestato dalla polizia. Come nel femicidio di Parma, anche in questo caso la donna voleva separarsi dal marito, che non accettava l’idea della separazione.

Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna sottolinea che si contano già 7 femicidi e 4 tentati femicidi in regione dall’inizio dell’anno. Leggiamo su alcuni giornali che Giulia Ballestri è stata uccisa con un “movente passionale”. Il femicidio e la violenza sulle donne non hanno nulla a che vedere con la ‘passione’: se di movente si vuole parlare si deve indagare nelle radici della violenza maschile, nella volontà di possedere e dominare l’altra fino ad annientarla, nell’incapacità di alcuni uomini di lasciar andare una donna che liberamente sceglie di separarsi, nella negazione del diritto della donna all’autodeterminazione. Questa cultura del possesso accomuna uomini di ogni età, di ogni estrazione sociale e origine culturale: non ci si sorprenda, quindi, che il marito della donna fosse un noto dermatologo.

In un dossier pubblicato dalla Corte dei Conti in questi giorni, si leggono dati sconfortanti: a distanza di tre anni dall’approvazione della legge sull’istituzione del Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere, a fronte dei 40 milioni di euro stanziati ne è stata spesa solo una minima parte. Nonostante la tragica successione di femicidi – nel 2015 sono state 128 le donne uccise dal proprio partner o ex partner in Italia – non c’è ancora stata, da parte del nostro paese, la concreta attuazione di un piano di contrasto e prevenzione della violenza sulle donne.

I centri antiviolenza continuano a essere l’unica forma concreta di sostegno per le donne che subiscono violenza in Italia. Una politica mirata a contrastare il fenomeno dovrebbe prevedere, oltre a un sostegno reale alle associazioni che lavorano sul campo, una strategia di prevenzione che affronti il problema alla radice e promuova un profondo cambiamento culturale.